22 luglio 2024

A Monaco la 25esima conferenza internazionale sull’Aids, dal 22 al 26 luglio si incontrano attivist3, accademia, stakeholder e rappresentanti istituzionali per confrontarsi sulle politiche e sulle buone pratiche capaci di rafforzare la risposta all’Hiv.

Nella prima giornata si è parlato di “Hiv e sicurezza sanitaria globale: politiche, finanziamenti e dati” con focus sul Sudafrica, paese con il maggior numero di persone che vivono con Hiv e con i principali programmi di contrasto all’Hiv (con il 69% dei fondi che arriva dal Governo, il 24% dal Pepfar – President’s Emergency Plan for AIDS Reliefe e il 2% dal Fondo Globale). Si è anche evidenziato come la gestione di sistemi informativi integrati che rilevano i dati sulle malattie infettive permette una maggiore pianificazione della prevenzione.

In successivi panel si è ragionato anche sull’importanza di riconoscere i diritti sessuali e riproduttivi in tutto l’arco della vita di ragazze e donne, compreso il periodo della menopausa nelle donne adulte.

A sottolineare le diffrenze di genere, anche Peter Sands, Direttore Esecutivo del Fondo Globale, nel ricordare che donne e ragazze sono ancora sproporzionatamente colpite dall’Hiv, così come le persone LGBTQIA+. Da qui l’iniziativa “Abbatti le barriere” del Fondo Globale, che si concentra sulle barriere legate alle risorse umane e di genere (sia barriere legali che informali) e adotta un approccio multi-stakeholder .

Così come andrebbero riconosciute maggiori risorse finanziarie per il ruolo di “health care givers”, ossia gli operatori sanitari all’interno delle comunità.

La seconda giornata si è aperta con una retrospettiva sugli approcci comunitari per contrastare i brevetti e il loro impatto sull’accesso alle cure. Hanno partecipato attivist3 da Sud America, Ucraina, Brasile e Thailandia. Si è sottolineato come la battaglia per la copertura sanitaria accessibile a chiunque è anche una lotta per la pace e la difesa dell’ambiente e nel corso della sessione si è chiesto il cessate il fuoco per Palestina e Ucraina.

23 luglio 2024

È emersa la necessità di mettere limiti alle case farmaceutiche, soprattutto dopo l’epidemia da Covid-19 che ha evidenziato le diseguglianze di distribuzione dei vaccini. Il timore della società civile è che si sia di fronte a una nuova ondata di autoritarismo e movimenti di estrema destra che non solo tolgono fondi per la ricerca e la salute, ma culturalmente diano nuova linfa allo stigma e discriminazione verso le persone affette da malattie come l’Hiv.

Per questo si è proseguito il ragionamento anche con le comunità del partenariato del Fondo Globale che stanno reagendo alla messa in discussione dei diritti umani e di genere quando sono coinvolte le persone malate, per capire in che modo non lasciare indietro nessun3.

Attiviste femministe transgender hanno evidenziato il nesso fra razzismo e diseguaglianze sanitarie, focalizzando i loro interventi anche sulla necessità di intervenire sugli aspetti culturali delle discriminazioni per sconfiggere malattie come l’Hiv.

Si è inoltre affrontato il tema delle persone sfollate e rifugiate con Hiv: le testimonianze dalla Palestina e dall’Ucraina evidenziano lo stress psicologico per le cure in situazioni senza acqua ed energia elettrica, o ancora le difficoltà in Polonia dove vivono 6 milioni di profughi ucraini e la terapia antiretrovirale non è sufficiente per tutt3 coloro che sono affett3 da Hiv.

La Croce Rossa spagnola ricorda anche le difficoltà burocratiche per i migranti che loro intercettano quando arrivano con patologie che necessitano cure specifiche e costose.

24 luglio 2024

Terza giornata con pacifica contestazione: durante i lavori della sessione “Stigma and discrimination: Conservative pushback and decrease in civic space“, un gruppoi di attivist3 ha scandito più volte ad alta voce “Free Palestine”, di volta in volta relatrici/relatori si sono fermati per dare spazio alla protesta e al tempo stesso raccontare le pratiche messe in atto dal Canada alla Cina per ottenere spazi di discussione.

Tema evidenziato anche dal panel “Movers and shakers: Optimizing the power of communities”, sottolineando che le comunità sono necessarie, per far sì che la lotta contro l’Hiv rimanga al centro dell’agenda. Il Fondo Globale ha un dipartimento dedicato alle comunità, anche per le competenze che possono mettere in campo.

Il contesto attuale non aiuta e il potere contrattuale delle comunità e a rischio.

Sul piano istituzionale alcuni progressi sono stati fatti, Onu Plus in collaborazione con Unaids sta sostenendo il personale che vive con l’HIV soprattutto per combattere del tutto la stigmatizzazione e la discriminazione nei luoghi di lavoro,

Altro focus importante “Resilience in a time of polycrises: How HIV programmes are adapting to climate, humanitarian, political and social crises” che ha provato a rispondere all’interrogativo: come conciliare l’imperativo della sostenibilità e della qualità della vita e delle cure, con la realtà del mondo in cui viviamo?  Fra crisi climatica, conflitti e minacce ai diritti per le persone LGBTQ+, le “policrisi” impattano in in modo significativo le popolazioni emarginate e stigmatizzate come le persone affette da Hiv ed è sempre più urgente trovare soluzioni efficaci.

La pandemia di Covid-19 ha evidenziato gli effetti dannosi della disinformazione che alimenta la sfiducia nella scienza. Gli stessi problemi potrebbero sorgere se si dovese trovare un vaccino per l’Hiv. Capire come e perché nascono le fake news è stato il focus di uno dei primi panel della giornata.

 

In che modo il rafforzamento dei sistemi sanitari può migliorare l’equità per donne e bimb@? Anche per rispondere a questa domanda si è ragionato su come funzionano le politiche di redistribuzione delle risorse e su quanto c’è ancora da fare affinché i sistemi sanitari accolgano in pieno un approccio olistico: non è accettabile che una persona sieropositiva venga trattata solo per Hiv, senza che vengano considerate altre eventuali patologie.

A fine giornata, un interessante tavola rotonda su come rimuovere la criminalizzazione di persone, come le sex worker, che nel caso di malattia devono superare ulteriori barriere. Si è ricordato come in Uganda nonostante sia “illegale” l’omosessualità, vengono ancora garantiti i servizi minimi ma in generale si rischia con la legge in vigore di non raggiungere l’obiettivo del Governo di porre fine all’Hiv, infezione considerata una minaccia per la salute pubblica

 

 

 

 

 

25 luglio 2024

Nell’ultima giornata si è ragionato di come le comunità possono reagire dinanzi alla criminalizzazione della malattia, in particolare nelle comunità dell’Est Europa, ex Unione Sovietica, dove nel 1987 era stata emanata una legge che puniva chi aveva contratto l’Hiv, perché veniva punita l’esposzione alle malattie veneree. Il motivo ricorrente di tale idea era lo stigma nei confronti di comportamenti ritenuti immorali, anche quando non causavano danno ad altri, come le relazioni sessuali consensuali tra adulti dello stesso sesso, il lavoro sessuale o l’uso di droghe a scopo ricreativo. Ancora oggi in tutti i paesi della regione dell’Europa orientale e l’Asia centrale (EECA) l’esposizione all’Hiv è punibile con la reclusione fino a 3-8 anni.

26 luglio 2024

E ancora, quali politiche possono consolidare azioni efficaci per contrastare l’epidemia, considerando che ancora oggi l’Hiv non è una priorità per la maggior parte della classe politica, anche in paesi con numeri ancora significativi?

Un’interrogativo che diventa il passaggio di testimone per Beatriz Grinsztejn, la nuova presidente di Ias – International Aids Society – che ha così commentato “Come lesbica dell’America Latina e direttrice della prima clinica per la salute delle minoranze sessuali e di genere a Rio de Janeiro, ogni giorno sono testimone di come stiamo ancora deludendo le persone più emarginate. In Brasile, aumentano le infezioni fra uomini neri, a conferma della violenza strutturale di genere e del razzismo che alimentano l’epidemia”.